Questa la lettera del comitato nazionale "Noi non Dimentichiamo" dopo l'articolo apparso su la Repubblica il 20 settembre 2020 di Vittorio Coletti
Cara Repubblica,
Riteniamo doveroso intervenire su alcune questioni mosse dal Professor Coletti in merito alla sentenza di primo grado del processo "Torre Piloti Bis" apparse nel vostro articolo del 20 settembre u.s..
Intanto ci preme rilevare, noi lo abbiamo ben imparato, come sia inopportuno commentare i verdetti prima della pubblicazione delle motivazioni, la cui funzione è quella di chiarire quale ragionamento abbia portato i magistrati a quella conclusione. Pertanto non entreremo nel merito delle riflessioni fatte dal professore nella parte iniziale del suo articolo, sommarie e prive di fondamento giuridico. Ci corre invece l'obbligo di esprimere un nostro parere quando si argomenta sul ruolo della parte civile nel processo penale, una intrusa per alcuni, un’ ospite per altri, ed anche a proposito della paventata sudditanza psicologica dei magistrati nei confronti del dramma dei parenti delle vittime. Intanto è bene precisare che la costituzione di parte civile, legittima, in processi così complicati, non è certo una scelta facile e scontata, anzi viene fortemente scoraggiata dai drammatici tempi della giustizia che affliggono il nostro paese e dalla necessità di risorse economiche. Per questo in molti siano costretti ad accettare i patteggiamenti e a rinunciare all'esercizio di tale diritto. Noi abbiamo deciso di percorrere questo difficile cammino, che richiede un notevole dispendio di energie, consapevoli che nelle aule di tribunale ci si debba entrare con la sola aspettativa di una giusta sentenza, nel nome e negli interessi del popolo italiano. In questa direzione vanno i nostri sforzi, il pietismo non ci appartiene, non ci anima nessuno spirito di vendetta e siamo contro qualunque forma di giustizialismo. Ne è conferma la nostra scelta di impegno civile nelle battaglie per la sicurezza delle infrastrutture, sicurezza sui posti di lavoro, prevenzione di disastri ambientali e non ultime quelle per la giustizia, ma anche il continuo lavoro che svolgiamo su tutto il territorio nazionale affinché dei disastri che ci riguardano rimanga memoria, proprio come insegna Primo Levi. Quando però nell'articolo in questione si parla di "giustizia popolare"non siamo noi ad essere offesi ma bensì l'integrità professionale ed intellettuale dei magistrati e, cosa grave, ciò viene fatto in maniera gratuita senza che vi sia un solo elemento a supporto di tale tesi. Concludiamo con due parole su Adele Chiello, perché chiamata in causa e perché ne conosciamo lo spessore morale, avendola a fianco nel nostro cammino. Viene citata dal professor Coletti a proposito del fatto di presentarsi in aula con la foto di suo figlio Giuseppe, a detta del professore "a monito". Fuori da qualunque retorica, la detestiamo, le diamo una nostra interpretazione di tale abitudine: Adele ha perso un figlio ma non ha mai smesso di esserne la madre e tenere quella foto al collo le dà la forza di continuare a farlo.
La violenza nel linguaggio ad uso e consumo dei potenti.Da ormai dieci anni siamo abituati a parole che volontariamente sono usate come lame di coltelli. Lame che infieriscono sui familiari delle vittime e riaprono ferite mai guarite. Prima usano i soldi per sottrarre le parti civili dai processi, poi usano la solita modalità di giustificare e giustificarsi anche di fronte all’accertamento delle responsabilità.
Ed è sempre così, così che un processo diventa Populista (parole espresse dalla difesa degli imputati dopo la sentenza di primo grado a Viareggio) o come afferma il Prof. Coletti “Non sarà un caso di giustizia popolare” e così che una Torre si trasforma in un “Paracarro” e nuovamente il sapere della parola usato come gas anestetizzante o come cortina fumogena per non far emergere la verità dei fatti.
Ed è sempre così, così che un processo diventa Populista (parole espresse dalla difesa degli imputati dopo la sentenza di primo grado a Viareggio) o come afferma il Prof. Coletti “Non sarà un caso di giustizia popolare” e così che una Torre si trasforma in un “Paracarro” e nuovamente il sapere della parola usato come gas anestetizzante o come cortina fumogena per non far emergere la verità dei fatti.
Noi non lo possiamo accettare. Siamo per questo a sottoscrivere e pubblicare la risposta corretta e dignitosa di Adele Chiello Tusa mamma di Giuseppe Tusa.
(l’articolo integrale del Prof. Coletti lo potete trovare in allegato al seguente link: